Fatti dare ordini solo da chi ti ama! (Anno B, Tempo Pasquale, VI dom., Gv 15, 9-17)

Una buona regola di vita è quella di farci dare ordini solo da chi ci ama, specialmente quando si tratta di questioni che riguardano la nostra interiorità, le nostre scelte esistenziali. E c’è forse qualcuno che ci ama più del Signore? E quale ordine, quale comando ci dà il Signore? Non quello di dirgli più preghiere, non di adorarlo più intensamente, non di fare un pellegrinaggio e neanche di leggere tutta la Bibbia dalla prima all’ultima pagina. Queste cose infatti acquistano senso se aiutano a realizzare il suo unico e vero comando, quello che ha lasciato prima di morire: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12).

Questo comando, come sottintende la parola nella lingua originale, è un’istruzione, un metodo, l’unica via di accesso all’Amore di Dio. Bisogna eseguire questo “comando”, spingere questo tasto interiore, perché l’Amore di Dio si riversi nel nostro cuore. L’Amore di Dio è sempre tutto lì, pronto ad effondersi. Ma non è un dono automatico. Se si vuole bere un buon vino, si deve decidere di andare a mescerlo dalla botte; non arriva da solo nel nostro calice; così se si vuole gustare l’Amore di Dio bisogna liberare il flusso del suo Amore perché entri nel nostro cuore e si versi abbondantemente. E come? Semplicemente amando. Lo esprime con parole semplici e chiare il monaco Antonio il Grande: «Dio è buono e fa soltanto il bene, non fa del male a nessuno, perché è fatto così; noi invece, se rimaniamo buoni diventandogli simili, ci uniamo lui; se diventiamo cattivi divenendo dissimili, ci separiamo da lui».

Dunque l’Amore del Signore è come l’acqua di un pozzo che misteriosamente cresce di livello in proporzione all’acqua che andiamo tirando su. Se invece lo abbandoniamo e non vi attingiamo più acqua, il pozzo si secca. Gesù con un’espressione che può apparire strana, ma che in quest’ottica diventa chiara, dice: «A chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quello che ha». Insomma, più tirchi siamo d’amore, più poveri d’amore diventiamo. L’amore, come nella parabola dei talenti, se non viene investito nell’amare, non produce nulla. Al contrario, se l’amore viene cercato, esso si moltiplica e rende amabile ogni parola, ogni azione. Perciò sant’Agostino può permettersi di dire: «Ama e fai ciò che vuoi!».

Con la venuta di Gesù nel mondo i dieci comandamenti non sono più ordini a cui obbedire, ma conseguenze dell’amore di Dio. Non siamo più servi, ma amici e «non abbiamo ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura». Forse anche al catechismo occorrerebbe parlare del comando dell’amore, prima di far imparare a memoria i dieci comandamenti, perché solo l’amore può essere capace di osservarli. L’amore infatti non ha misura, perché la sua misura è l’amore di Cristo, ricevuto dal Padre e donato a noi: «Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine». Si tratta di un amore incondizionato, libero, responsabile, gioioso: l’unica regola del vangelo, semplice ma capace di trasformare il mondo.

 

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