Elogio del cavallo

Cavallo bianco sul lago a Piana degli Albanesi (ph. Mauro Restivo)

Ogni tanto bisogna esercitare il proprio gratuito diritto all’elogio verso chi è incontestabilmente apprezzato…  e chi più del cavallo!

L’uomo fin dall’antichità ha desiderato essere cavallo, o almeno centauro, metà uomo, metà cavallo; non abbiamo prove invece che lo stesso desiderio abbia avuto il cavallo.

All’intelligenza dell’uomo manca la forza e l’energia del cavallo. La storia dice però che a volte, se c’è l’intelligenza, l’uomo può fare a meno di un vero cavallo; anche uno di legno infatti può bastare a vincere una guerra. Intelligente fu infatti Ulisse che quando vide d’essere riuscito ad ingannare i poveri Troiani, raccontano le cronache che disse: “Ecco, ora siamo a cavallo!”

Ma quando il cavallo di legno è piccolo si chiama allora “cavalluccio”, e non serve per le guerre, ma per far crescere i bambini.

Troppi cavalli naturalmente sono pericolosi, sia ai bimbi che agli adulti, per questo l’uomo li fa diventare “cavalli vapore” e li nasconde dentro i motori; vengono chiamati centauri quelli che li guidano e abbiamo così dimostrato che anche oggi, e non solo nell’antichità, l’uomo vorrebbe essere cavallo; e che in parte c’è riuscito.

Di solito a possedere i cavalli sono solo i maschi, ma non è più così da quando anche le donne portano i pantaloni coi loro “cavalli”. Quando il cavallo è femmina diventa cavalla, che dalle nostre parti indica anche una bella ragazza; se è piccola e per giunta “storna”, allora è una “cavallina” che porta solo dispiaceri; conviene allora fare un grande salto per evitarla (si chiama questo “salto della cavallina”); quando sono tante, diventano pericolose “cavallette”; se uno si avvicina troppo al mare più difficile invece è evitare i cavalli grossi, detti “cavalloni”.

Sottomessi di solito e domati dal potere, come il cavallo di Alessandro Magno e quello di Adriano, a volte sono entrati in politica, come quello di Caligola, diventato senatore. Anche oggi alcuni lo fanno cavalcando, come si dice, la tigre, ma non tutti, lo sappiamo bene, sono “ferrati”.

Nel corso della storia tutti gli artisti hanno voluto dipingere cavalli sui loro cavalletti , quello bianco di Napoleone, ma anche cavalli azzurri come fece un certo Franz Marc, o a tanti colori e in piena velocità, come Umberto Boccioni; Boccioni per strana sorte è morto proprio cadendo da cavallo; cosa si prova cadendo? Non dobbiamo chiedere a lui, ma alla signora Luigia Pallavicini, caduta appunto da cavallo. Chi non cade mai da cavallo, e non muore, è proprio la morte, che dal suo cavallo in corsa lancia frecce su noi poveri mortali. Se buon cavallo si vede a lunga corsa, ci sembra giusto precisare, che questo non è il caso della cavallerizza sopraddetta. Sono precipitati in mare lei e il suo cavallo a motivo di Uno che, mite e umile di cuore, se non andava a piedi cavalcava… un’asina. Un vero e proprio scacco (non so se esiste)… al cavallo!

(tratto dal mio Blog: Facciamole girare… post del 21 dicembre 2017)

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