Il nuovo Principio! (II dom. di Natale, Anno A B C)

“In principio”. Con questa parola comincia il testo del Prologo di Giovanni che si legge in questa seconda domenica di Natale; con la stessa parola comincia il primo libro della Bibbia, la Genesi. La liturgia dunque ci riporta all’inizio di tutta la creazione per dirci qual è il suo compimento. Quel “principio” infatti coincideva con l’apparizione della Luce: «”Sia la luce!”. E la luce fu» (Gen 1,3). Dio aveva pronunciato la sua Parola fatta di Luce ed era nata dal nulla la bellezza di tutta la creazione. Quella Parola creatrice era la Sapienza uscita dalla sua bocca, «Luce da Luce». Ma l’uomo alla Luce divina aveva preferito le tenebre del peccato. Adamo ed Eva erano caduti nell’oscurità della morte e vi avevano trascinato tutta l’umanità. Eppure la Parola-Sapienza di Dio non poteva abbandonare l’uomo alla sua triste condizione; è scesa nella Tenda, nella Dimora costruita da Mosè, manifestando la Gloria di Dio in mezzo a un popolo da Lui scelto, Israele; quindi si è manifestata nella Tenda del Tempio di Gerusalemme. Essa infatti dice: «Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare » (Sir 24,10). Ma la Gloria di Dio non doveva abitare soltanto in mezzo al popolo di Israele, era destinata a raggiungere tutta l’umanità, a salvare l’uomo nella sua integrità, superando i confini di un solo popolo per raggiungere il mondo intero. Ecco allora un nuovo “principio” e una nuova lotta tra la luce e le tenebre; stavolta questa Gloria manifesta il suo vero volto, quello del Figlio di Dio. Infatti «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Egli è irradiazione della sua Gloria e impronta della sua sostanza» (Eb 1,1-3). Il compimento, il nuovo “principio” è l’incarnazione del Verbo. «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre» (Gv 1,14). L’uso dell’aoristo nel testo greco (il nostro passato remoto) indica che questa azione di Dio è definitiva e irreversibile. E infatti la Gloria di Dio non si posa su qualcosa, ma in qualcuno: in noi (il testo originale riesce ad esprimere meglio questa inabitazione di Dio nella carne umana)! D’ora innanzi non è un tempio fatto da mani d’uomo a contenere la Gloria di Dio, ma è l’uomo stesso creato da Dio e reso suo figlio in forza della fede: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1Cor 3,16). La Luce della vita infatti ha vinto sulle tenebre della morte. In quel Bambino nato a Bethlemme, e divenuto adulto, «la morte e la vita si sono affrontate in un mirabile duello e il Signore della vita, morto, ora regna vivo» (Victimae paschalis). E’ la Pasqua che illumina il Natale di Cristo. Così, alla fine dei tempi, il Verbo del Risorto compirà l’ultima creazione e dirà ancora, e definitivamente, rivolto al mondo: «”Facciamolo ancora!”. Bello e meraviglioso sarà oriens ex alto: luce da luce splenderà più del sole, creazione finalmente senza peccato!» (David M. Turoldo).

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